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Un bomber del passato: intervista a Gabriele Messina
25 Luglio 2011 - Riproduzione Riservata  - Giuseppe Balenzano 
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Sono passati quasi 28 anni da quando, proveniente da Modena, arrivò a Bari un attaccante giramondo, che sapeva buttarla dentro come dimostravano i suoi numeri a Trapani, Cava dei Tirreni e Salerno. Bari voleva tornare immediatamente in serie B e la società puntò su di lui. Gabriele Messina ricambiò alla grande la fiducia tanto da meritarsi il titolo di vicecapocannoniere del girone B della serie C1 (dietro Giovanni Zaccaro della Salernitana) e contribuendo alla storica qualificazione in semifinale di Coppa Italia, un traguardo tutt’oggi ancora mai raggiunto da una società di serie C. A Bari rimase solo un anno ma i tifosi più anziani lo ricordano bene correre sotto la curva a braccia alzate, esultante per un gol segnato.

(Gabriele Messina)

Nato a Crotone il 9 gennaio 1956, centravanti, era alto m. 1,78. Nonostante pagasse un po’ di centimetri nei confronti dei difensori avversari, era dotato di una potenza esplosiva nelle gambe e di un’intelligenza tattica che gli permettevano spesso di avere la meglio. A Bari giocò 30 partite in campionato realizzando 12 reti mentre in Coppa Italia andò 6 volte a rete facendo impazzire di gioia i baresi che riempivano lo Stadio della Vittoria.

Lo abbiamo raggiunto telefonicamente a casa e con estrema gentilezza ha risposto alle nostre domande.

Buongiorno sig. Messina, come sta?

Benissimo, grazie!

Oggi di cosa si occupa? E’ sempre nel mondo del calcio?

Si, dopo un periodo all’Atalanta come Direttore Sportivo oggi collaboro con Roberto Zanzi, Direttore Generale del Bologna.

Veniamo al Bari. Lei arrivò in biancorosso dal Modena e trovò la sua nuova società, appena retrocessa in serie C, in una situazione di totale rinnovamento. Erano cambiati il Presidente (da Antonio a Vincenzo Matarrese) e l’allenatore (da Luigi Radice a Bruno Bolchi). Che ricordi ha di quel periodo?

Bellissimi. Tanto che mi sento ancora con Paolo Conti, Cavasin, i fratelli Loseto, De Trizio, Lopez…un gruppo molto unito, molto compatto dentro e fuori dal campo. Io sarei rimasto a Bari molto volentieri (giocò, infatti, solo un campionato, il 1983/1984, n.d.r.) ma il Direttore Sportivo (Franco Janich) decise di puntare su Edy Bivi. La cosa non mi fece piacere anche perché avevo vinto 2 classifiche dei cannonieri di quell’anno (campionato e coppa Italia), quindi pretendevo maggiore considerazione. Ed invece nulla. Siccome mi è sempre piaciuto lavorare in un ambiente dove il mio impegno venisse apprezzato, capii che era il caso di andarmene. E così feci nonostante Bolchi (che avevo già avuto come allenatore all’Atalanta) cercò in tutti i modi di convincermi a rimanere. Il mister, quando lasciò Bari per Cesena, mi propose di andare con lui ma io avevo già dato la parola al Cosenza: a Cesena lo seguì Alberto Cavasin.

(La coreografia della Curva Nord prima di Bari-Juventus di Coppa Italia)

Il Bari rimase in serie C una sola stagione. Fu tutto così semplice?

Il Bari vinse il campionato perché era una squadra ben costruita, forte, con la tifoseria tutta dalla sua parte. Ma non tutto filò liscio anche perché, in qualche circostanza, vennero prese decisioni a nostro sfavore. Pensiamo, ad esempio, alla partita contro la Ternana (la partita venne data vinta a tavolino agli umbri per il lancio di una lattina che colpì un giocatore ospite. Sul campo il Bari aveva vinto per 1-0. N.d.r.): secondo me non c’erano gli estremi per prendere una decisione così pesante. Dopo tutto la lattina era aperta ed aveva colpito il giocatore ad una mano, quindi avrebbe potuto continuare a giocare. Ma il segnale era diretto al Presidente della Lega Calcio, Antonio Matarrese, fratello del Presidente del Bari. Oltretutto annullando il risultato della partita mi è stato anche tolto un gol dalle statistiche!

Quell’anno segnò in campionato la bellezza di 12 gol. Ne ricorda qualcuno in particolare?

Li ricordo tutti, con più affetto quelli realizzati negli impegni più importanti come i derby con il Foggia ed il Taranto e con la Salernitana. Praticamente le partite più sentite dai tifosi del Bari.

Suo compagno di reparto quell’anno è stato Giuseppe Galluzzo, calabrese anche lui. Come si è trovato?

Benissimo! Eravamo amici in campo e fuori. Un gran bravo ragazzo. Mi dispiace, invece, per l’altro attaccante barese, Claudio De Tommasi, che, per le sue potenzialità, avrebbe meritato una migliore carriera. Ma nel calcio, si sa, bisogna avere anche tanta fortuna.

Il Bari di Bolchi fece faville in Coppa Italia eliminando squadre come Lazio, Juventus e Fiorentina e arrivando alle semifinali contro il Verona. Risultato mai raggiunto da una squadra di serie C. Ce ne parli.

Noi eravamo una squadra di serie C solo sulla carta ma avevamo delle potenzialità che ci avrebbero permesso di poter giocare ad armi pari anche in un campionato superiore. Quell’anno battemmo la Juventus che vinse Campionato e Coppa delle Coppe… quindi! E sono convinto che se avessimo battuto il Verona (che ci sconfisse immeritatamente) ce la saremmo potuta giocare anche con la Roma in finale.

  

(Il Bari prima dell'incontro con il Verona. Messina è l'ultimo in piedi a destra)

Rivedendo le immagini della partita Bari-Fiorentina del 7 giugno 1984 è impossibile non rimanere esterrefatti dal bellissimo gol con il quale ha battuto Galli. Come fece?

Istinto, puro istinto. Ero bravo nell’anticipare il difensore sul primo palo e, per questo, risultavo sempre molto pericoloso: è molto più facile far gol in questo modo. Quando ero a Palermo insegnai a Totò De Vitis, allora appena ventenne, questa tecnica: ritengo che questo attaccante sia quello che più mi è somigliato come gioco.

Segue ancora il Bari? Che ne pensa dell’attuale allenatore? Cosa prevede per il Bari quest’anno?

Seguo sempre il Bari anche perché sono sempre rimasto legato alla città e al Presidente della società biancorossa, Vincenzo Matarrese. Ricordo che quando ero a Bari suo figlio, Salvatore, veniva sempre a seguirci agli allenamenti. Per quanto riguarda Torrente lo ricordo come giocatore. Come allenatore ha fatto un gran bene a Gubbio ed è l’allenatore ideale per il Bari: un allenatore in ascesa, che ha fame di successi. Bari, però, non può rimanere in serie B, è una città, una piazza importante che merita ben altri palcoscenici. Secondo me è stato giusto rinnovare l’ambiente: oltre ai giocatori che sono arrivati consiglio Marino Defendi, esterno veloce che ancora non ha trovato la sua vera dimensione. E’ però un portafortuna visto che ha collezionato 3 promozioni negli ultimi 3 campionati (Chievo, Lecce e Atalanta). Chissà che non porti fortuna al Bari…

Lo sperano anche i tifosi. La ringrazio sig. Messina per la sua disponibilità a concederci questa intervista e le auguro buon lavoro al Bologna.

Grazie a voi.

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20

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Venezia

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19

7

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39

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Catanzaro

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16

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Palermo

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Pisa

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